artigiano e grottarolo
La mia storia è quella di un ragazzo che nasce negli anni Cinquanta in una famiglia di artigiani. Mia madre faceva la sarta e mio padre ha messo su un’impresa di insegne al neon. Noi siamo tre figli, io sono quello di mezzo. E vengo subito portato al mare. Al Passetto. In questo mare, in questa grotta, su questi scogli. E noi passettari, grottaroli, che abbiamo imparato a nuotare con questo fondale ostile, non abbiamo paura di nessun mare.
Da noi la stagione va da fine aprile a metà ottobre. Io sono cresciuto proprio qui, fra queste grotte, dove c’è molta aggregazione, molta libertà, dove la spiaggia diventa una piazza. La domenica è ancora un rito andare a raccogliere i moscioli. Oppure vado a fare fiato… faccio le apnee…
Da ragazzini si usciva in barca alle 7, i posti migliori per i moscioli erano sotto Pietralacroce o sotto la Vedova. C’era anche il Trave, ma troppo lontano, e noi avevamo una lancia di legno pesantissima di 4 metri e mezzo ed eravamo due ragazzini e tre adulti, con un motore Guazzoni di un cavallo e mezzo: pura follia. E dire che la mia passione, allora, non era il mare, come sognava mio padre. Io volevo viaggiare, volevo fare l’esploratore.
Poi è arrivato il 1972. Febbraio. E poi giugno. Il terremoto. Non ha fatto morti, ma ha spopolato Ancona e ha liberato i ragazzi come me… A 17 anni siamo usciti di casa e non siamo più rientrati. Tutti pensavano alla paure, alle case, alle cose di proprietà, nessuno ai ragazzi… Io andavo a vendere Enciclopedie Fabbri a Macerata, casa per casa, un po’ per guadagnare qualcosa, un po’ per stare da qualche parte… A luglio c’erano ancora centinaia di scosse di assestamento alla settimana. È stata una bella scuola di vita e una forte presa di coscienza politica… Sono stato un grande agitatore nel mio istituto, il Benincasa, ma non ho perso un anno.
Quando nel 1976 a Roma vedo delle belle botteghe dove si vende roba di seconda mano, mi viene una illuminazione e l’anno dopo apro una mia bottega, La congrega, abiti usata americani e del Nord Europa. Per qualche tempo ho inseguito anche il mito della campagna, sono andato a San Biagio di Osimo, ma poi sono tornato. Intanto mi sono sposato con Rita, che fa la psicologa. Abbiamo un figlio, Ruben, laureato in relazioni internazionali. E io, da più di trent’anni, faccio borse e cinture, sono un artigiano del cuoio e della pelle.
E questa è la mia vita, e questo è il mio posto. Non intendo Ancona, intendo proprio il Passetto, intendo qui, giù in basso, davanti al mare, dove c’è la grotta della mia famiglia. Mi piacerebbe che le grotte e il Passetto avessero una velleità progettuale. Questo è un luogo unico, mitico, un luogo di trasformazioni continue, dove si possono avere folgorazioni, immaginazioni, dove si possono liberare fantasie. Ma devi nutrirle, l’immaginazione e la fantasia. Soprattutto, devi rispondere ad alcune domande fondamentali: che città sei?, che città vuoi diventare?, che cosa vuoi offrire a chi ti scopre?
di Gian Luca Favetto