Tutti i porti sono chiusi. Ma non quello di Ancona.
È il 28 aprile 2020 quando il porto delle economie, dei lavori e delle comunità mostra al mondo il suo volto più autentico, quello della cura. E col porto, Ancona; e con Ancona, la regione Marche.
È una bella storia quella della Costa Magica, divenuta nella narrazione la nave Covid. Concepita come oggetto del desiderio, luogo di esperienze speciali – leisure e pleasure – realizzata da Fincantieri e progettata dalla special firm americana Joseph Farcus Architects, un gioiello del made in Italy varata nel 2004 da una madrina d’eccezione come Paz Vega, a lungo la regina degli oceani, ambita e desiderata in tutti i porti del mondo come ambasciatrice della grande manifattura italiana. La Costa Magica arriva ad Ancona nel pieno dello sperdimento, con lo spazio pubblico azzerato, le case divenute rifugio, difesa dall’invisibile l’indecifrabile l’inconoscibile, in una prospettiva fatta di distanza sospensione e assenza, con le comunicazioni appese a schermi di misura variabile – dai telefonini ai televisori. Nei giorni sempre uguali dell’angoscia una nave è accolta in porto, sull’Adriatico, in un approdo sicuro: nessun passeggero, solo 617 membri dell’equipaggio di cui 130 positivi al Covid-19, lavoratori che tornano a casa dopo settimane di emergenza sanitaria in mare. L’Italia e il mondo sono nella tempesta, una metafora tanto potente quanto struggente, incarnata e testimoniata  dalla solitudine claudicante, esistenziale, di Papa Francesco in una Piazza San Pietro deserta sotto la pioggia. Sulle banchine che sanno di mare e di accoglienza, quella festosa dei giorni lieti e quella generosa nella cattiva sorte, si rinnova il messaggio millenario della cura. Quel gesto è un segno.“ Sono grata ai miei concittadini per la solidarietà mostrata nei confronti della scelta di accoglienza che abbiamo fatto. Siamo una città di mare e alla gente di mare siamo legati in maniera speciale” dice in quell’occasione Valeria Mancinelli, il Sindaco di Ancona.

Immagini: Alessio Ballerini
Testo: Cristiana Colli

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