Il porto di Ancona non è certamente uno scalo dallo spazio funzionale locale, ma è insediato e appartiene ad una macro-area Adriatico-Balcanica che si spinge fino alla Grecia e all’Egeo. Dunque per valutarne dinamiche industriali e sentiero di sviluppo, dopo aver guardato alla città e al territorio produttivo, occorre infine comprendere quale evoluzione caratterizzi la rete della portualità Adriatica, entro cui lo scalo dorico si inserisce. Dal punto di vista degli indicatori sui flussi commerciali e passeggeri, l’aspetto più evidente è che anche prima dell’evento pandemico, l’area Adriatica stava sperimentando una crescita complessiva dei flussi marittimi, come esito di una metamorfosi strutturale che vede la progressiva contrazione di alcune tipologie di traffici e invece la crescita di nuove specializzazioni. E’ nell’ambito di queste trasformazioni che Ancona, in rapporto con l’evoluzione degli altri scali, deve trovare la sua collocazione. Nell’arco degli ultimi 15 anni è progressivamente mutata la struttura dei flussi che caratterizzano lo shipping, e con essa stanno mutando le economie portuali dell’area adriatica. Il traffico passeggeri nel segmento ferry, specializzazione storica di Ancona nella quale lo scalo dorico mantiene ancora la sua leadership d’area nei collegamenti con la Croazia e la Grecia, ha conosciuto una contrazione pressoché generalizzata in tutto il bacino e su pressoché tutti gli scali, subendo probabilmente la concorrenza sempre più forte dell’industria aeronautica low-cost, sempre più presente nel collegare direttamente i ricchi bacini di domanda turistica europei con le mete mediterranee. I passeggeri dei traghetti tra 2001 e 2018 dopo essere costantemente cresciuti fino al picco del 2011 con oltre 11milioni di unità, hanno conosciuto una diminuzione strutturale oltre che per gli impatti della crisi economica, per il mutamento strutturale delle logiche di mobilità turistica. Una caduta che riguarda soprattutto le relazioni tra Italia e Grecia e Croazia, mentre le rotte da e verso l’Albania appaiono cresciute sul quindicennio. Nel segmento crociere, tutti i dati evidenziano come il bacino Adriatico-Ionico sia cresciuto molto in termini assoluti nello scorso decennio (+41,5 % tra 2010 e 2018) sebbene la quota sull’intero bacino Mediterraneo sia leggermente discesa, trainato dalle due mete “blockbusters” del turismo globale Venezia e Dubrovnik, che tuttavia oggi accusano problemi di saturazione e di sostenibilità dell’impatto dei flussi della turistizzazione di massa, con la conseguente tendenza delle grandi compagnie a decentrare e territorializzare maggiormente destinazioni e rotte. Una occasione per destini minori come Ancona ma non solo, con i porti che potrebbero fungere da hub per disseminare potenziali flussi turistici nei territori. Guardando al traffico merci, è evidente che l’Adriatico ha un vantaggio geografico essendo posto immediatamente sopra lo sbocco del Canale di Suez e a ridosso dell’area centro-europea. Tutto il bacino Mediterraneo e in esso l’Adriatico hanno beneficiato della costruzione di Catene del Valore Globali e della proiezione all’export delle economie manifatturiere europee verso i mercati dell’Oriente, in modo particolare l’Italia e il blocco dei paesi est-europei legati alle filiere produttive dell’industria tedesca. Il tema di fondo che segnerà i prossimi anni di riposizionamento della portualità adriatica e non solo, sarà l’impatto dei nuovi assetti geopolitici sui mercati e sulle filiere globali in direzione di un mondo e un mercato che potrebbero frazionarsi in campi continentali, con il conseguente impatto sui flussi commerciali e la necessità di incorporare questo scenario nelle decisioni di investimento strategico dei porti.