Io sono un combattente e in tutte le cose che ho fatto ho sempre messo molta passione. Sono al porto dal 2013, ora come presidente dell’Autorità portuale, che da qualche anno è diventata Autorità di sistema… E date, adesso, non ne dico più. Preferisco dimenticarle, schematizzano troppo la vita. Per me la storia è un unicum, non puoi farla diventare cronologia. Il senso della continuità toglie importanza alle date. La vicenda personale di ciascuno di noi è un percorso continuo.
Sono nato a Piano San Lazzaro in una famiglia normale. Mio padre era un rappresentante di macchine da cucire, poi ha aperto un negozio di arredamento, io ho continuato la sua attività. Il successo più bello è accompagnare la gente nelle scelte fondamentali per creare un ambiente in cui vivere bene. Scegliere un arredamento è un momento gioioso: se non riusciamo a far sprigionare la positività delle persone, fondiamo la società del rancore.
Da ragazzo studiavo e giocavo a pallone, centrocampista nel Piano San Lazzaro, una squadra che metteva insieme la comunità, dava un senso di appartenenza, che non vuol dire campanile, ma obiettivi da condividere, qualcosa in cui credere e in cui riconoscersi. Il mio modo di stare al mondo è stato sempre quello di essere con la gente, cercando di sdrammatizzare le cose. Sarà per questo che mia moglie dice che sembro Peter Pan.
Credo che i problemi, più sono complessi, più vadano divisi in piccole parti più semplici, così puoi affrontarli a uno a uno, li trasformi per poterli risolvere. Mi piace il concetto di trasformazione, che vuole dire impegno quotidiano collettivo per fare e cambiare le cose. Con questo spirito coordino l’attività dell’Autorità di sistema, un ente delegato a lavorare sulle strategie della competitività dei porti e a incidere sull’economia del mare, creando le opportunità perché le imprese possano crescere e produrre, a loro volta, ricchezza diffusa.
Nel nostro porto l’idea è non essere monotematici: curiamo la parte commerciale di scarico e carico merci tramite container; poi il traffico passeggeri; poi il traffico da crociera; poi c’è la pesca; poi la cantieristica; poi il recupero del Porto antico. Ogni giorno entrano a lavorare 6.000 persone, divise in una miriadi di aziende con interessi differenti. Noi possiamo regolare tutto soltanto costruendo una rete di relazioni. Perché, quando ci sono molti protagonisti, il risultato migliore si ottiene solo come terminale di un impegno comune e collettivo.
Il porto è una confederazione di luoghi con necessità e aspirazioni diverse. Governarlo è mettere insieme queste diversità per creare un’armonia unica. Bisogna far capire che c’è l’interesse superiore del territorio, e intendo il territorio della città, della regione e di tutta Italia. Bisogna promuovere un porto utile alla strategia Italia e internazionalizzarlo. È il mare che impone di allargare gli orizzonti. Basta guardare questa infinità di onde… Più le guardo, più non capisco come faccia a vivere chi non ha il mare…
di Gian Luca Favetto