Cooperativa Dorica Port Service

Io in Italia sono nato, a Bologna, e ho fatto tutte le elementari… Me la ricordo come una città romantica, forse perché ero un bambino felice… Poi, quando ho compiuto dieci anni, nel 1991, ci siamo trasferiti in Grecia. Papà faceva il commerciante e ha aperto una gioielleria ad Atene. E ad Atene ho frequentato la scuola italiana, poi mi sono trasferito al liceo classico greco. Volevo fare l’archeologo. Però, all’esame di ammissione in Grecia, non mi prendono. Allora vengo a fare l’università in Italia, mi iscrivo a Storia e Conservazione a Macerata.

E così ritorno. È il 1999. Faccio da Patrasso ad Ancona in nave, ventidue ore di traversata. Arrivo fiero con il mio passaporto italiano. Sbarco alla banchina 13 insieme a papà. Era un venerdì di settembre. C’erano le nuvole. Pioveva. Non mi dispiaceva quel clima, era tutto più attutito. E la prima immagine mi ha incantato: vedere tutti questi edifici fra l’antico, il medievale e il moderno affacciati sul porto… Sarà stato anche il fatto che rimettevo di nuovo piede in Italia, ma tutto mi sembrava magico. Per non dire del primo cornetto e il primo cappuccino, e il bombolone!

Ci siamo fermati al bar di fronte alla stazione in attesa di prendere il treno per Macerata. Non hai idea di cosa voglia dire, dopo anni e anni, tornare a fare una colazione all’italiana! E poi potevo parlare l’italiano con gli italiani… I figli misti come me si fanno un linguaggio tutto loro: ho imparato l’italiano con la mamma e il greco con papà. Adesso potevo tornare a usare la lingua materna, recuperarla veramente…

Prima di salire sul treno per Macerata ho salutato Ancona, perché tanto non sarei mai venuto a viverci, pensavo. Pensavo di tornare ad Atene. Ma, dopo due anni di università a Macerata, per necessità di lavoro mi sono spostato ad Ancona. Poi qui sono arrivati anche i miei genitori e io, giorno dopo giorno, mi sono innamorato della città.

Quando a fine 2005 un’amica albanese di mia madre mi ha detto che al porto una ditta cercava una persona che parlasse greco, mi sono detto che quello era il mio posto. In fondo, il porto era il collegamento con la Grecia. Ho sentito subito che qui potevo tenere i piedi in due staffe. Ero emozionato e spaventato. Fatto il colloquio, mi prendono per la stagione estiva. E poi, nel 2007, divento socio della Cooperativa Dorica Port Service. Il nostro lavoro è un po’ come fossimo steward di terra, dobbiamo facilitare l’imbarco e lo sbarco delle navi, fornire le informazioni necessarie…

Sappi che, per chi vive il porto, il tempo non esiste. È una zona neutra. Qui molte cose si azzerano, incluso il tempo. Il porto è un mondo a sé, una famiglia a parte e può essere la casa di tutti, perché è un luogo di condivisione. A me ha fatto scoprire la realtà a 360 gradi, così ho imparato a vedere un mondo fatto di persone, non di religioni, bandiere, politica, ruoli. È qui che ho messo le mie radici. Io non sono né greco, né italiano, sono anconetano. Un anconetano del porto.

di Gian Luca Favetto