Bloccata dalla pandemia, in realtà l’industria delle reti marittime, sembra già essersi rimessa in moto, quantomeno sulle grandi rotte della logistica dal Far East ai mercati occidentali. Il capitalismo delle reti è oggi probabilmente il campo d’attività in cui è più evidente l’affermarsi di un ciclo di iper-industrializzazione, cioè di applicazione generalizzata di metodi produttivi industriali ben al di là della fabbrica manifatturiera e soprattutto nella trasformazione in valore dei flussi distributivi. I porti costituiscono i nodi della grande rete iperindustriale che innerva il capitalismo contemporaneo. L’identità iperindustriale del porto di Ancona può essere letta alla luce di questa evoluzione, su tre dimensioni.
La prima dimensione ci parla di un porto come piattaforma industriale plurale, una sorta di cluster produttivo, in cui si assemblano e inter-connettono produzione manifatturiera d’alta gamma con la cantieristica, industria turistica globale con la crocieristica e industria logistica di lavorazione dei flussi delle merci. Il porto si configura come una vera e propria filiera del valore (6.000 addetti e 2,7 % del PIL regionale fino al Covid) che può rigenerare nuova industria, una fabbrica collettiva a cielo aperto per il territorio, articolata in settori che hanno bisogni, producono esternalità e impiegano forza-lavoro, secondo modalità da integrare progressivamente.
Il porto di Ancona è però anche una autonomia funzionale, una organizzazione dotata di proprio management che svolge la funzione sistemica di produrre beni competitivi (management delle reti, servizi, integrazione dei flussi, infrastrutture, marketing, ecc.) che servano sia al cluster neoindustriale insediato nel sedime portuale, sia a sostenere la competitività delle piattaforme manifatturiere dell’entroterra e a promuovere l’attrattività del territorio su una dimensione di globalizzazione mediterranea a medio raggio.
Infine, il porto è anche nodo delle reti globali, la porta della città e del territorio che si può sviluppare come motore di una rete logistica che sul lato mare connette i porti del corridoio Adriatico con il Mediterraneo orientale, e alle proprie spalle può interagire con i nodi di rete nella dimensione di retroporto esteso, dall’aeroporto all’insediamento di big players della logistica.
Abstract a cura di Consorzio Aaster Milano