Ustica, Bologna, Ancona. La memoria con i suoi fili invisibili, gli effetti collaterali, i traumi individuali e collettivi, l’elaborazione possibile con l’arte. L’artista marchigiano Giovanni Gaggia ha dialogato con Daria Bonfietti – Presidente dell’associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica – e ha aggiunto un capitolo nuovo a un percorso doloroso, coraggioso e poetico, iniziato con la straordinaria installazione di Christian Boltanski per il Museo bolognese e arriva al porto di Ancona. Così si allarga e si allunga la dimensione di quell’evento, del volo di linea IH870, aeromobile Douglas DC-9 partito dall’aeroporto di Bologna in direzione Palermo-Punta Raisi, e precipitato in mare – nessun superstite. In quella strage accaduta il 27 giugno 1980 sui cieli di Ustica morirono 81persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio, e per l’imprenditore anconetano Aldo Davanzali – fondatore e presidente dell’Itavia – fu la fine dell’impresa e della reputazione. Decenni di depistaggi e opacità non hanno impedito di giungere infine alla verità: il DC-9 dell’Itavia fu vittima di un atto di guerra aerea, e nel 2018 la Cassazione ha condannato i ministeri delle Infrastrutture e della Difesa a risarcire gli eredi di Aldo Davanzali per il dissesto finanziario – non colpevole ma vittima anch’egli. Giovanni Gaggia, con la sensibilità poetica e il potere dell’arte ha affrontato il corpo a corpo con il lutto individuale e collettivo, reale e simbolico con una ricucitura che diviene opera condivisa.
I primi minuti del video – con il drone dentro i luoghi che si immaginano cari a Davanzali sono una citazione sinistra del suono legato al volo, nello spazio aperto solitario e assoluto dell’Arco di Traiano – sono l’acquisizione solo parziale di una produzione più ampia  realizzata in occasione della sua performance a cura di Serena Ribaudo realizzata il 9 giugno del 2017 nel Porto Antico di Ancona, regia di Michele Alberto Sereni e musiche di Stefano Spada. La seconda parte è la documentazione di un progetto personale a più voci a cura di Stefano Verri ora in corso al Museo Tattile Statale Omero di Ancona. Un grande arazzo con i segni dell’alfabeto braille e le voci di persone scelte da Gaggia per una riflessione collettiva sui rimandi, le interrogazioni, la permanenza di questo evento negli immaginari per generazioni di italiani. I suoni, le voci, le mani, la tela.

Immagini: Giovanni Gaggia
Testi: Cristiana Colli